Agrilavoro

E va bene, su Fai Proposte ci eravamo sbagliati. Avevamo scritto (e poi riscritto) che la direzione del commissario era una presa in giro perché la rivista della Fai non usciva mai; e invece poi era uscita da più di un mese e non ce ne eravamo accorti!

Ma abbiamo riconosciuto l’errore, e abbiamo chiesto scusa.

Ora ci permettiamo di ripetere lo stesso schema con Agrilavoro, augurandoci di poter chiedere scusa anche questa volta di qui a qualche settimana.

Agrilavoro srl è una società di cui il segretario confederale-commissario-presidente della fondazione che non vi sappiamo più dire come si chiama si è nominato presidente già il 10 novembre 2014, alla prima occasione utile dopo il commissariamento del 31 ottobre.

(in effetti, quando avevamo scritto, citando Enzo Biagi, che “con tante poltrone è quasi un peccato avere un sedere solo“, eravamo stati prudenti ad indicare solo quelle di segretario confederale, commissario e presidente di fondazione; per farla breve avevamo omesso anche la presidenza di una casa editrice nonché della società Rnnovamento srl, proprietaria di immobili usati dalla Fai; a parità di numero di sederi, le poltrone da indicare sarebbero state cinque).

La casa editrice Agrilavoro ha cominciato la sua attività nel 1990, quando la Fisba (suscitando malumori a via Po 21, che non voleva concorrenti interni per Edizioni lavoro) decide di darsi un ulteriore strumento di sostegno culturale alla propria azione politica, dentro e fuori dalla Cisl. Nella Cisl, la Fisba stava infatti sostenendo posizioni non allineate (ad esempio con l’astensione del segretario Cirino Brancato che fa mancare l’unanimità nel voto che approva il primo accordo sulle Rsu con Cgil e Uil, nel 1991); e nel mondo agricolo, la Fisba sosteneva la necessità del decentramento contrattuale incontrando le resistenze della Cgil e le diffidenze delle controparti.

Proprio rappresentanza e contrattazione sono stati due temi ricorrenti nelle pubblicazioni di Agrilavoro, con posizioni originali anche dentro alla Cisl.

Il primo libro ad uscire, nel 1990 fu un volume di studi sulla contrattazione collettiva in agricoltura, coordinati da Mario Grandi e realizzati assieme a studiosi anche di orientamento diverso, come Carmen La Macchia e Mario Ricciardi (più vicini alla Cgil), Germano Dondi e Francesco Santoni (giuristi del lavoro non legati organicamente al movimento sindacale), giovani come Fausta Guarriello (che in quegli anni collabora da giovane ricercatrice ai corsi della scuola nazionale di formazione della Fisba), e studiosi già affermati come l’economista Pietro Nervi (oltre ad un Giovanni Graziani che, non ancora laureato, cura la bibliografia finale).

Il saggio conclusivo di Grandi, a leggerlo oggi in relazione alla rivoluzione contrattuale di cui la Fisba si farà promotrice nel 1995 (in particolare con Pietro Massini), è la miglior dimostrazione di come nella Fisba riflessione culturale (e formativa) ed azione politica fossero capaci di interagire, aiutando la Fisba ad essere soggetto contrattuale autonomo, stando dentro alla Cisl senza appiattirsi su linee generali che erano pensate più per la grande industria o per il pubblico impiego.

A quel primo volume altri fecero seguito, non necessariamente dello stesso livello ma comunque sempre con l’idea che un sindacato che crede all’autonomia comincia a coltivarla anche a livello culturale.

Ma ora, che prospettive può avere questa impostazione, se Agrilavoro è in mano ad un presidente che è il commissario-segretario confederale-presidente a tutti i costi della fondazione dal nome cangiante-più altri incarichi vari? Uno che nell’ultima riunione con i segretari regionali ha detto (chiediamo scusa se sintetizziamo brutalmente la complessità del ragionamento) che in una fondazione culturale un comitato scientifico non serve a niente?

Pronti a chiedere scusa il giorno che dovessimo essere smentiti.

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