Azione concertata

Non solo Draghi, anche il cancelliere tedesco Scholz ha rilanciato la via del patto sociale.

Il momento è difficile, i prezzi salgono e l’inflazione è all’8 per cento, ha detto Scholz al parlamento tedesco, annunciando che inviterà le organizzazioni di rappresentanza a dar vita ad un’azione concertata (konzertierte Aktion). “Assieme alle parti sociali – ha detto Scholz – vogliamo discutere come affrontare l’attuale andamento dei prezzi”.

Bene, diranno a Via Po 21, “anche” la Germania ci sta copiando seguendo il modello Ciampi del 1993.

In realtà con l’espressione “azione concertata” Scholz si rifà ad un’esperienza tedesca, quella della “konzertierte Aktion” promossa dal governo socialdemocratico-liberale negli anni 60 e 70. Un’esperienza che, però, non ebbe particolare successo e finì per essere abbandonata perché i sindacati tedeschi non hanno mai accettato che a questi tavoli con il governo si decidessero linee di politica salariale vincolanti per le federazioni di categoria. E la stessa cosa era sucessa poi con “l’alleanza per il lavoro” (Bündnis für Arbeit), promossa dal governo Schröder alla fine del XX secolo, quando i sindacati risposero egualmente di no alla proposta di discutere di salari fuori dai tavoli della contrattazione bilaterale imponendo vincoli di moderazione.

Se dovessimo guardare ai risultati, con le retribuzioni italiane andate all’indietro, il paragone fra la concertazione italiana sui salari e l’esperienza tedesca che accetta la concertazione su tutto ma non sui salari, sarebbe impietosamente a favore della Germania. Eppure anche la terza esperienza di governo a guida socialdemoratica in Germania persegue il tentativo del tavolo triangolare. Ottenendo, per ora, la stessa risposta: la presidente del Dgb, Yasmin Fahimi, ha detto che con il governo si può parlare di tutto, ma ha escluso che la cancelleria federale possa essere “la sede per trattative salariali”.

Scholz, però, sembra voler andare a parare proprio lì, visto che nel suo discorso ha citato come “esempio interessante” quello dell’accordo salariale dei chimici che, data la difficile situazione generale, si sono accordati per un pagamento una tantum, in attesa di far passare il momento peggiore senza prevedere aumenti strutturali del costo del lavoro.

Che i chimici tedeschi siano l’organizzazione più disponibile verso la moderazione salariale concertata con il governo non è una novità: anche ai tempi del governo Schröder erano loro i maggiori fautori della collaborazione con il “governo amico” a guida socialdemocratica. Ma i chimici sono l’eccezione, e i loro accordi anche, visto che i metalmeccanici stanno seguendo tutt’altra filosofia contrattuale ed hanno presentato una richiesta di aumento dell’8% per il rinnovo dei siderurgici. Che poi il Dgb come confederazione stia più dalla parte dei metalmeccanici che dei chimici in realtà cambia anche poco, visto che le federazioni tedesche sono autonome nella gestione dei propri contratti collettivi.

La cosa interessante, semmai, è che il contenuto della proposta di Scholz assomiglia, non tanto a quel che ha detto Draghi al congresso della Cisl, ma, quasi alla lettera, alle considerazioni finali del governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco: niente aumenti salariali strutturali per paura della spirale prezzi-salari-prezzi, meglio l’una tantum per affrontare l’emergenza. Se avessero fatto “un’azione concertata” fra di loro, Scholz e Visco non l’avrebbero detta in maniera così eguale, lodando l’accordo dei chimici tedeschi come esempio (accordo che, comunque, vale solo fino al prossimo autunno quando il tavolo contrattuale sarà riaperto, e quindi non può essere seriamente indicato come modello per il rinnovo di contratti nazionali di durata quadriennale).

Ma in Italia, con federazioni ridotte al silenzio e incapaci di difendere le proprie prerogative contrattuali, si riuscirà ad evitare che la gerontocrazia confederale accetti la strada della moderazione salariale al solo scopo di poter poi raccontare di aver indicato per prima la via (pericolosa più di quanto non sembri) del “patto sociale”?

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