I conti non tornano: 3) il sindacato “a prescindere”

Tempo fa un caro collega sindacalista di consumata esperienza metteva in guardia noi giovani operatori sindacali sul pericolo di costruire un sindacato dove, nell’ambito delle risorse, venisse “emarginata” l’azione principale e naturale, vale a dire la quota che il lavoratore che decide di associarsi versa alla categoria alla quale vuole aderire.

Il perché di questo monito è presto detto.

Accanto alle risorse economiche da tesseramento diretto, il sindacato in relazione alle specifiche realtà nelle quali interviene, ottiene risorse indirette per servizi prestati, ad esempio nel campo dell’assistenza contrattuale, nella gestione dei fondi bilaterali e non ultime per importanza economica rientrano in questo ambito anche i cosidetti distacchi sindacali retribuiti.

La materia riconducibile ai flussi economici non legati al diretto rapporto associativo, è alquanto delicata, su di essa occorre vigilare con massima attenzione, affinché venga circoscritta nelle sue dimensioni e sia sempre ben motivata, ne va della stessa natura del soggetto sindacale.

Nessuno pretende la “purezza” di poter organizzare una macchina complessa come quella sindacale, con il solo introito del tesseramento diretto,tuttavia questa deve rimanere la principale fonte di finanziamento, pena il costruire un sindacato “a prescindere” dagli associati.

La Cisl,se vuole confermare la sua natura associativa,non può tradire tale connotato,nel suo primo e fondamentale atto: l’iscrizione.

La focalizzazione sulle risorse da iscrizione sindacale passa anche attraverso un’equa distribuzione delle stesse ai vari livelli dell’organizzazione e a una contemporanea riorganizzazione della stessa macchina sindacale, non tanto o non solo in termini di accorpamenti categoriali, non tanto o non solo con teorici auspici, ormai logori,di “più risorse alla prima linea”, quanto, a nostro umile giudizio, con un dimagrimento dei “ruoli politici” a favore di quelli più “operativi”, operatività fatta di azioni di tutela contrattuale, di assistenza e di presenza costante nel territorio e nei luoghi di lavoro.

Sono perciò da rivedere i ruoli posti ai livelli verticali di categoria regionali e nazionali, nonché tutti i livelli confederali. Troppe persone “impegnate politicamente” che di fatto non producono “valore aggiunto” e bruciano troppe risorse a discapito di tessere di iscrizione troppo onerose (un lavoratore che pur vuole associarsi prima di spendere più di 200 euro all’anno, giustamente ci pensa un po’…… ) e di ripartizioni interne delle suddette quote di iscrizione troppo sbilanciate sui livelli categoriali “alti” e soprattutto sulle competenze confederali.

Quanto appena scritto, a nostro avviso è propedeutico ad un miglior equilibrio fra risorse dirette e indirette, allontanando il pericolo del sindacato a “prescindere”.

Riflessioni, naturalmente sempre opinabili,tuttavia di spessore tale da richiedere una Fai, nel pieno delle proprie facoltà, capace cioè di riprendere una forte tradizione di autonomia e conseguente elaborazione progettuale,per il bene della stessa Fai, di tutte le categorie affiliate alla Cisl e naturalmente alla stessa Cisl.

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