Lettera aperta a Uliano Stendardi

Dal signor Giovanni Graziani riceviamo e volentieri pubblichiamo una lettera sulla questione del via libera della Cisl all’attuazione dell’articolo 39 della Costituzione, in risposta ad un articolo di Uliano Stendardi, ex segretario generale aggiunto della Fai, che potete leggere a questo link.

Caro Uliano,

permettimi di cominciare con un suggerimento sul piano della comunicazione: quando devi smentire una cosa, comincia sempre a dire cosa affermi, e solo dopo di’ cosa neghi. Altrimenti puoi dare l’impressione di voler effettivamente dire ciò che invece a parole smentisci (credo che anche Freud dicesse qualcosa del genere).

Mi spiego con un esempio che ti riguarda. Nell’ultimo numero di Fai-Proposte, sul quale intervieni a difesa del documento Cgil-Cisl-Uil “Contro un moderno sistema di relazioni industriali” (lo so, il titolo è un altro, ma a me questo sembra più veritiero), tu ad un certo punto scrivi che

“sul salario … noi non chiediamo l’applicazione dell’articolo 39 della Costituzione (vi sono aspetti che non sono stati nemmeno presi in considerazione come la registrazione dei sindacati e l’attribuzione di personalità giuridica) ma ne dichiariamo l’attuazione limitatamente al recepimento per legge dell’estensione a tutti i lavoratori dei minimi salariali frutto di libera ed autonoma contrattazione tra le parti”.

Ma così, quello che neghi lo spieghi in poche parole e in modo chiaro; per quello che affermi, invece, ci metti il triplo delle parole – ne dichiariamo l’attuazione limitatamente al recepimento per legge dell’estensione a tutti i lavoratori dei minimi salariali frutto di libera ed autonoma contrattazione tra le parti – e non tutti ti seguono fino alla fine.

Risultato: l’unica immagine chiara che resta in testa al lettore distratto (ma un articolo non è una lettera d’amore, e quindi il lettore è sempre un po’ distratto) è che si sta parlando di “attuazione dell’articolo 39”. Proprio quello che dici di non volere. Mentre quello che volevi dire, giusto o sbagliato, non “passa”.

Se poi vale la regola che quello che è vero si può dire sempre in modo chiaro, e viceversa, cresce il sospetto che, nonostante la tua difesa, il senso di quel che è scritto in quel documento, dove l’articolo 39 è evocato due volte, è esattamente quello che tutti hanno capito. Cioè il sì all’attuazione di ciò a cui la Cisl si era sempre opposta.

Ma lasciamo gli aspetti formali (però tu, che sei una persona colta, sai quanta sostanza c’è negli aspetti formali) e veniamo al dunque.

Se fosse vero quel che dici, e cioè che si tratta solo di dare efficacia generale ai minimi salariali previsti dai contratti, non ci sarebbe alcun bisogno di precisare nulla, né tanto meno di dire, come invece ti senti in dover di dire, che il documento unitario esprime “un approccio che noi riteniamo evolutivo e non contraddittorio rispetto ai valori ed al patrimonio politico-culturale della Cisl“.

Perché l’estensione generale dei minimi previsti dai contratti collettivi era esattamente la proposta di legge avanzata da Giulio Pastore nel 1951, e ripresentanta nelle legislature successive. Quindi, non ci sarebbe bisogno di alcun “approccio evolutivo”, perché si tratterebbe esattamente della stessa cosa detta sessantacinque anni fa. Un approccio fin troppo conservatore.

E però, quella proposta di Pastore fu presentata (perdonami la sottolineatura) in alternativa all’attuazione dell’articolo 39, non evocando quell’articolo come punto di riferimento. Se è evocato, e per due voite, dà alla stessa proposta un significato del tutto diverso. Non “evolutivo”, ma “contraddittorio” rispetto al punto di partenza.

Ne vuoi la riprova fattuale? Eccola. La proposta Pastore divenne legge alla fine degli anni ’50. I famosi “decreti Vigorelli” prevedevano appunto il recepimento erga omnes dei minimi stabiliti dai contratti. E la Cisl era a favore, anche se in alcuni libri di storia pubblicati da Edizioni Lavoro c’è scritto il contrario. Solo che poi arrivò la Corte costituzionale e disse, con qualche ragione, che se si voleva l’effetto erga omnes si doveva seguire la strada prevista dalla Costituzione. Cioè, applicare l’articolo 39. Che quindi è esattamente la questione sul tappeto. Niente estensione dell’efficacia del contratto senza attuazione dell’articolo 39. Compreso ciò che tu ammetti non avete preso in considerazione, ma lì c’è scritto: registrazione, personalità giuridica, verifica degli statuti eccetera eccetera.

Fu a questo punto, all’inizio degli anni ’60, che qualcuno nella Cisl pensò ad un approccio evolutivo e non contraddittorio, come diresti tu, rispetto al punto di partenza: cioè alla legislazione sui minimi salariali. Che, come spiegava bene il professor Mario Grandi, avrebbe la sua base costituzionale nella disposizione dell’articolo 36 che parla di “retribuzione sufficiente”, e al tempo stesso garantirebbe la libertà di contrattare collettivamente oltre il minimo legale per stabilire, sempre in base all’articolo 36, la retribuzione “proporzionata” alla quantità/qualità del lavoro. In poche parole, non serve passare dall’imbuto dell’articolo 39, quando c’è un comodo passaggio dall’articolo 36.

Questa, perdonami se lo sottolineo, era una posizione già “evoluta” e “non contraddittoria” rispetto a quella iniziale (al pari di quella, avanzata da Federico Mancini e rilanciata da Bruno Storti, di abrogare la seconda parte dell’articolo 39). Ma è anche quello che il documento unitario oggi aborre, Chissà perché. Forse perché è fermo all’equivoco secondo cui i contratti collettivi fissano i “minimi” e non i salari “effettivi”? Qui sì che ci vorrebbe un approccio un po’ “evolutivo”, e non solo nella Cisl ma anche in tanti riformatori improvvisati..

Arrivato a questo punto del ragionamento, però, mi sembra di vedere la tua faccia, con un’espressione cortese ma non esattamente convinta, che facevi quando parlavamo, ai tempi della Fai, di queste cose.

Il fatto è che tu ed io, ora possiamo dircelo, appartenevamo ed ancora apparteniamo a due correnti diverse, dentro alla Cisl. Io mi rifacevo a Mario Grandi, tu sei sempre stato più vicino a Tiziano Treu. A te le Rsu piacevano molto, a me di meno. Tu credevi all’identità della Cisl ma credevi soprattutto al valore dell’unità, io ero e sono più un identitario. Io avrei visto bene un decentramento per il contratto degli alimentaristi del “secondo biennio” a livello aziendale (un po’ come aveva fatto Pietro Massini col contratto provinciale agricolo), tu mi dicesti “per me il secondo biennio sta bene dove sta” (e ora, col ciclo quadriennale deciso nell’ultimo rinnovo, ha vinto tu).

Immagino quindi di non averti convinto neanche questa volta. Pazienza, perché avrai capito che neanche il tuo articolo mi ha convinto molto.

Ma questo non è mai stato un problema, ai tempi della Fai. Il problema è che nella Fai, oggi, di queste cose non si parla più. La linea la decide il centro, e tutti dietro. Il che, perdonami la franchezza, non mi sembra un “approccio evolutivo” rispetto ai nostri tempi, né la fine che meritasse di fare la Federazione per la quale, in ruoli diversi, abbiamo dato il nostro contributo di lavoro e di passione.

Un saluto, e speriamo in tempi migliori

Giovanni Graziani

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