Anche oggi parliamo di Germania, come piace a der Kommissar . E parliamo di quanto si guadagna a fare il sindacalista e attività connesse, come il pensionato Scandola ha cominciato a fare, suscitando, chissà perché, le ire della segreteria confederale (a proposito, Scandola continua a scrivere ed a snocciolare cifre…).
La fondazione Hans Böckler, intitolata al fondatore del Dgb, è un’istituzione importante, e non solo in senso simbolico o come bandierina da sventolare nei giorni di festa, ma proprio per il buon funzionamento del sistema tedesco di relazioni industriali (il famoso “modello tedesco”). Con i suoi studi, le sue ricerche e le sue pubblicazioni affianca e sostiene l’azione dei sindacati del Dgb a tutela dei lavoratori. Ed i risultati si vedono. Perché il vantaggio competitivo che altri paesi hanno in termini di ricerca e formazione riguarda anche l’azione sindacale. Che altrove ha, infatti, risultati migliori dei nostri (con le conseguenze che sappiamo, anche in termini salariali).
E in Italia? Tanto per fare un esempio, la Fondazione Giulio Pastore, intitolata al fondatore della Cisl, viene nominata nel recente documento presentato dalla segreteria confederale all’esecutivo in vista dell’assemblea organizzativa solo per assegnarle il compito di occuparsi di bilancio sociale a tutti i livelli della Cisl come garanzia etica (una materia nella quale, vista l’aria che tira, non sappiamo quanto convenga mettere le mani). Invece, tanto per fare un altro esempio, di Labor tv (che ancora aspettiamo di sapere quanto è costata) si parla molto più ampiamente.
Rispetto alla Fondazione Pastore, la Fondazione Böckler è una potenza, in termini di mezzi e di risorse; e non si occupa di bilancio sociale ma di codecisione, partecipazione, contrattazione, politica economica eccetera eccetera (in particolare, l’archivio contrattuale, che raccoglie e soprattutto elabora i dati di tutti i contratti sottoscritti in Germania è una punta di eccellenza a livello europeo sulla ricerca in materia).
Già, ma chi paga?
I finanziamenti, come ci spiega il sito, vengono innanzi in primo luogo dagli eletti nei consigli di sorveglianza (Aufsichsrat) delle imprese, che girano alla fondazione Böckler i loro gettoni e le loro competenze; poi da finanziamenti volontari (persone, associazioni, istituzioni); a queste due fonti, si aggiungono le borse di studio finanziate dal ministero della ricerca, che sono gli unici soldi pubblici ricevuti (e solo in relazione a questi programmi di ricerca).
La cosa più interessante è la prima; il fatto cioè che chi svolge un mandato di rappresentanza dei lavoratori negli organismi della codecisione societaria non ci si arricchisce, ma contribuisce ad alimentare il necessario lavoro di studio e ricerca dei sindacati e per i sindacati.
E se adottassimo nella Cisl non proprio la stessa regola, ma almeno qualcosa che vada in quella direzione? Se la pletora di fondi e di enti alla cui gestione partecipano i dirigenti nominati dalle organizzazioni dei lavoratori venisse usata come fonte di finanziamento per studi e ricerche a servizio dell’azione sindacale?
Non diciamo certo di dare all’improvviso tutti quei soldi alla fondazione Pastore, che non c’è abituata e rischierebbe di andare in tilt per lo spavento, e che comunque non è un ente della Cisl (qualche ex segretario generale in uscita che pensava di impossessarsene ha dovuto ripiegare su altre soluzioni), ma magari ad iniziative non occasionail di ricerca, da svolgere assieme ad enti e istituzioni amiche a vario titolo della Cisl.
Naturalmente dovrebbe trattarsi di enti di ricerca seri, non di qualche fondazione estemporanea, guidata da persone di scarsa competenza, senza un comitato scientifico, senza revisori dei conti, la cui unica funzione certa magari è la raccolta dei soldi del cinque per mille non si sa bene per farne cosa (lo diciamo esagerando, certamente un simile obbrobrio non è pensabile; comunque non nella Cisl).
Certo, se invece si dovesse pensare di finanziare in questo modo Labor Tv (o qualche altra bella pensata di via Po 21), forse sarebbe meglio lasciar le cose come stanno.