La Cgil fa politica, la Cisl fa solo sindacato. Lo ha detto Sbarra, e lo ha sottolineato Giorgio Merlo in un articolo su “Formiche” in cui elogia la chiarezza (a suo parere) della posizione sbarriana come espressione del “dna” del “sindacato bianco”.
Quello di ricorrere ai colori per definire i sindacati, lo ricordiamo a noi stessi e non certo a Merlo, esprime però proprio il legame, tipico della tradizione europea, dei sindacati con le culture politiche e le organizzazioni che le esprimono. Ad esempio, il sindacato “rosso” è legato alle diversi correnti della sinistra, il sindacato “nero” era quello dei fascisti, alcuni dei quali venivano dal sindacato rivoluzionario se non da quello anarchico (“rosso e nero”). Il “bianco” evocato da Merlo è storicamente il colore del cattolici (in Italia, in Germania invece è il “nero” come la tonaca dei preti). E poi c’è il “giallo”, che però fa riferimento alla benevolenza padronale verso le forme addomesticate di sindacalismo.
Non è così, tanto per fare un esempio, negli Stati Uniti. Sia perché è diverso il sistema politico, sia perché i sindacati non hanno un colore che li identifichi con una posizione politica. Tanto che può accadere, come è successo quest’estate, che i capi di due dei più grandi sindacati si comportino in maniera opposta: Sean O’ Brien, presidente dei Teamster, ha preso la parola alla convention repubblicana e, senza pronunciarsi esplicitamente a sostegno di Trump, ha ricordato che in passato il suo sindacato ha sostenuto Nixon, Reagan e Bush senior.
Probabilmente il suo cuore batte da quella parte, ma nel suo sindacato molti la pensano diversamente.
Più facile la posizione di Shawn Fain, presidente del sindacato dell’auto Uaw, reduce dai trionfi negli scioperi del 2023, che ha preso la parola alla convention democratica indossando una maglietta con la scritta “Trump è un crumiro” (“Trump is a scab”), ha ricordato che Biden è stato il primo presidente della storia ad unirsi ad un picchetto sindacale e che Kamala Harris ha solidarizzato con gli scioperi dell’Uaw fin dal 2019 e che il sindacato conta sul suo sostegno dalla Casa Bianca per far mantere a Stellantis gli impegni sulla riapertura delle fabbriche.
Quindi, dopo aver avuto il mandato specifico per parlare a nome di un milione di iscritti attivi e pensionati (perché nel paese della libertà i pensionati sono liberi di restare iscritti al loro sindacato), Fain ha annunciato il sostengo dell’Uaw per Kamala Harris, che è “one of us”, una di noi, mentre Trump “is a scab”.
Questa è la vera differenza: ce lo vedete Sbarra che, ad esempio, quando il ministro Salvini abusa dei suoi poteri per inibire gli scioperi nei trasporti si mette una maglietta “Salvini is a scab”? Eppure la cultura della Cisl, oltre alle tradizioni del “sindacato bianco” si rifà fin dagli anni ’50 ad alcuni elementi di derivazione americana. Ma questi non sembrano interessare più a Sbarra né a Merlo, pur dimostrando la maggior vitalità su scala mondiale.
La Cisl, di oggi, è quindi diversa non solo dalla Cgil di Landini, cosa di per sé normale, ma anche dalla Uaw e perfino dai Teamster americani, due sindacati che si occupano di politica almeno nella misura in cui la politica si occuperà di loro. E che fanno scelte diverse, giuste o sbagliate, ma le fanno.
Invece Sbarra oggi si trova davanti una questione enorme come l’autonomia differenziata, ma preferisce rifugiarsi in una non scelta. Non sta con la Cgil che promuove il referendum, ma non ha nemmeno il coraggio di stare esplicitamente dalla parte del governo e della Lega.
Più che il sindacato bianco, questo è un sindacato “in bianco”, inodore e insapore come una dieta ordinata a chi sta molto male.
E, infatti, di salute sindacale nella Cisl non ce n’è molta.
Ecco perché ha fatto bene Savino Pezzotta, come presidente dell’associazione Prendere parola, a schierarsi. Anche per testimoniare che non tutto il sindacalismo “bianco”, come le altre tradizioni confluite nella Cisl, si è ridotto a quel nulla ideale e politico che oggi governa in via Po.
Giovanni M. per il9marzo.it
“C’è chi teme che allargando così i nostri orizzonti, possiamo perdere qualcosa (e io non saprei cosa). Ma vi è una ragione appassionante per correre questo rischio (se è un rischio fare politica, restando sindacato), ed è che non vogliamo perderci! Perché un sindacato che non fa politica è un sindacato subalterno e corporativo. C’è una obbedienza, che vale, al nostro orgoglio di sindacalisti.
Non siamo pochi a riconoscerci in questa fedeltà, come hanno confermato le vicende aspre e difficili dei mesi scorsi. Perciò possiamo rassicurare i critici autorevoli che ci esortano, più che al senso del limite, alla prudenza. Sì, saremo prudenti: andremo avanti.”
“Remare contro corrente”
Pierre Carniti
Certo che se l’autonomia di Sbarra si misura con le dichiarazioni che lui condivide ‘“la politica del fare e il dinamismo dell’onorevole Salvini” stiamo freschi. Io, che ho quasi ottanta anni, non ho mai sentito frasi del genere da segretari generali. Si può condividere un provvedimento, una legge, una misura economica che interessa i lavoratori a prescindere da chi le promuove, ma non si può sposare una politica specie della peggiore destra che blocca gli scioperi, che odia gli immigrati, che respinge perfino lo ius scholae. Qui c’è la sensazione che la Cisl faccia politica e come, in maniera deteriore vendendo le proprie posizioni in cambio del percorso preferenziale sulla proposta di legge per la partecipazione dei lavoratori. Che utilità abbia questa proposta, lo dirà la storia. Ma niente si dice sulla lotta alla povertà e sul sostegno ai più deboli, mentre perfino la CEI scavalca la CISL sull’autonomia differenziata. Sbarra (e i suoi replicanti a livello locale), per non compromettersi, non dice né si né no in una posizione che rischia di farlo precipitare tra coloro che son sospesi nel limbo di dantesca memoria. Ma finché ci cade lui poco male, il problema è che fa cadere anche tutti noi della CISL. Ma nel frattempo moltissimi firmano per un referendum che magari non raggiungerà il quorum ma è espressione di una netta e apprezzabile posizione sindacale.