I furbetti dell’articolo 39

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I furbetti dell’articolo 39

admin 29 aprile 2019 4 Commenti

Il signor Giovanni Graziani interviene sulla questione della proposta di legge sul salario minimo e sul significato della questione in relazione all’identità culturale della Cisl.

Cari amici,

mi è stato segnalato che un alto dirigente della Cisl si è recentemente pronunciato contro la legge sul salario minimo deformando il titolo di un mio libro per affermare che per la Cisl “la nostra legge è il contratto, come dicevano i nostri padri fondatori”. Una frase che suona grottesca, sia per la persona che la pronuncia – un noto licenziatore di padri di famiglia che non sa di cosa parla – sia perché lo ha fatto in un discorso che chiede una legge sull’efficacia erga omnes dei contratti. Cioè l’applicazione dell’articolo 39 della Costituzione, che è esattamente ciò che i padri fondatori da lui evocati avevano rifiutato.

Ma torniamo alla frase incriminata: l’alto dirigente forse non lo sa, ma nessun padre fondatore l’ha mai pronunciata. E comunque la citazione corretta è “il nostro statuto è il contratto”. Una frase che mi sono inventato io nel 2007 per dare ad un mio libro un titolo enfatico e assertivo, come devono essere i titoli che vogliono essere efficaci, e che nessuno ha mai detto né scritto prima.

Con quello slogan ad effetto avevo riuassunto il giudizio, più articolato e riflessivo, espresso da Bruno Storti nel 1964 per dire che la Cisl non era favorevole alle prime proposte di una legge sullo statuto dei diritti dei lavoratori perché proponeva di regolare quelle materie con un contratto di diritto privato, cioè non efficace erga omnes, chiamato “accordo quadro” (i particolari, a chi interessano, si trovano nel mio libro del 2007, in particolare nel capitolo 3 alle pagine 47-49).

Dunque quel signore, o chi gli scrive i discorsi, ha preso una mia frase del 2007 e l’ha usata “ad  minchiam” per dire no ad una legge sul salario minimo (che però a qualcuno dei padri fondatori non dispiaceva, basta leggere le annate delle riviste dell’Ufficio studi della Cisl diretto da Mario Romani) e dire sì alla legge sull’efficacia erga omnes, tradendo esplicitamente il mandato dei padri

È quindi chiaro che né quel signore né gli altri figli affondatori della Cisl di oggi possono citare i padri fondatori del 1950 a sostegno delle loro sgangherate affermazioni su legge e contratto. Ed è chiaro il tradimento degli ideali commesso da quelli che, nel rifiutare la legge sul salario minimo, ne chiedono una ben più invasiva dell’autonomia dei sindacati. Una legge che sarebbe di applicazione dell’articolo 39, come del resto c’era scritto negli accordi del 2016 con Cgil e Uil e del 2018 anche con la Confindustria.

Solo qui vengono fuori i furbetti dell’articolo 39, che della Costituzione vogliono un’applicazione parziale e selettiva. Vogliono cioè che i contratti abbiano sì efficacia erga omnes, ma senza rispettare le condizioni che i padri costituenti hanno posto a garanzia dei lavoratori rappresentati, in particolare il dovere dei sindacati di darsi degli statuti che garantiscano la democrazia associativa al loro interno (per chi fosse interessato segnalo un mio saggio sul tema alle pp. 134-175 del mio libro La natura precaria della libertà sindacale, Bonomo, 2018).

Democrazia associativa vuol dire tante cose: vuol dire elettività delle cariche e meccanismi di responsabilità degli eletti verso gli elettori; vuol dire dibattito interno libero; vuol dire garanzia del socio contro il rischio di espulsioni arbitrare; vuol dire rendicontazione trasparente sull’uso delle risorse; vuol dire rispetto delle deliberazioni congressuali di una federazione e quindi non poterla commissariare come è stato fatto con la Fai e poi con altri.

Se la Cisl di oggi non vuole questa parte dell’articolo 39 è perché non rispetta neanche uno di questi parametri eccetto quello della formale elettività delle cariche, ma solo perché le persone da eleggere sono decise dall’alto e ratificate col voto se necessario in spregio delle regole vigenti (c’è un segretario regionale della Fai attualmente in carica che è stato eletto senza il numero legale; ma l’allora segretario generale della Fai che presiedeva le operazioni, cioè lo stesso signore di cui sopra, disse che il numero legale c’era lo stesso perché lo diceva lui…).

Ecco perché non si vuole la legge sul salario minimo: non per fedeltà a valori che non si conoscono ma perché renderebbe superflua l’applicazione furbetta dell’articolo 39, quella che darebbe ai sindacati il potere di decidere senza dover rispettare il vincolo della democrazia interna, senza accettare che qualcuno possa andare a verificare il numero legale nelle elezioni dei dirigenti, e se le espulsioni dei soci sono corrette o sono una vergogna giuridica come quella di Fausto Scandola e di tanti altri, se le motivazioni dei commissariamenti sono rispettose o meno degli statuti e delle leggi, se i probiviri sono imparziali o si comportano da killer al servizio del capo di turno, se le sanzioni sono applicate in maniera eguale per eguali situazioni o sono del tutto arbitarie, eccetera eccetera.

Per quel che conta, cioè ormai nulla, io continuo a pensarla come Storti, o almeno lo Storti del 1964: un’organizzazione sindacale autentica non deve appaltare all’esterno, cioè alla legge ed ai magistrati, la gestione della propria vita interna e della propria azione all’esterno, ma deve saperlo fare da sola. Su questo le vicende di questi anni non mi hanno fatto cambiare idea di un millimetro. Solo che fino al 31 ottobre 2014 avevo creduto che la Cisl potesse rappresentare ancora, più o meno degnamente, questa posizione. Dal commissariamento della Fai in poi ho dovuto prendere dolorosamente atto che la Cisl ha definitivamente sposato l’idea opposta, come hanno poi confermato la vicenda Scandola, i commissariamenti abusivi e tante altre storie. E quindi mi è diventato chiaro che la visione del contratto di diritto privato come statuto delle relazioni sindacali è tanto giusta in sé quanto abbandonata nella realtà. Una res derelicta, di cui nessuno ha più interesse ad appropriarsi.

Quel che non accetto – non da quel signore che non mi riguarda, ma dagi amici di un tempo – è che si possano citare le posizioni storiche della Cisl di una volta a sostegno delle opposte scelte di oggi. Perché chi non vuole la legge sul salario minimo ma punta all’efficacia erga omnes dei propri contratti senza verifiche sulla propria democrazia interna vuole ciò che i padri fondatori avevano rifiutato – e non senza contrasti fra di loro, ad esempio fra Pastore e Donat Cattin, come è normale che accada in un’organizzazione dove c’è la democrazia interna. Vuole esercitare un potere pubblico, cioè stabilire regole con efficacia paralegislativa, pretendendo poi di nascondersi dietro la natura privatistica dell’organizzazione quando c’è da rispondere del proprio operato. Vuole poter decidere sugli altri e non rispondere a nessuno. Vuole comandare senza responsabilità.Vuole poter dire “Io so’ io, e voi nun zete un cazzo!” per citare Giuseppe Gioacchino Belli.

Chi dice che queste posizioni sono le stesse dei padri fondatori mente per la gola; e chi, ad esempio in quest’anno cinquantennale dalla morte di Giulio Pastore, parla della “attualità” del pensiero del fondatore della Cisl, una Cisl che ha rovesciato la propria scala dei valori originaria, si presta a fare da foglia di fico a queste e ad altre vergogne.

Grazie dell’attenzione

Giovanni Graziani

4 Commenti – Scrivi un commento

  1. Anonimo 30 aprile 2019 at 7:53 · Edit

Articolo 39
L’organizzazione sindacale è libera [cfr. art. 18].

Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge.

E` condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica.

I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce.
Ordinamento interno a base democratica. E’ così anche nella FNP ? Leggiamo insieme lo lo Statuto della FNP ed il suo regolamento di attuazione e poi ne riparliamo.

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  1. Bruno della calce 1 maggio 2019 at 9:27 · Edit

Il commento di Graziani nellla giornata in cui si festeggia il primo maggio condivisibile dalla a alla z, non può lasciare indifferenti. Mette il dito sulla piaga o sulle tante piaghe aperte all’interno di quella che fu una organizzazione sindacale aperta al dialogo e al confronto prima di metter in atto quelle tecniche inquisitorie che hanno portato ad espulsioni, a manovre di sabotaggio ( evitare i congressi di base Fp con commissariamenti pilotati) ed epurazioni. Le manovre pilotate per far risultare ispezioni miranti a scardinare gli eletti per sostituirli con nominati vedi caso Torino, le celebrazioni di congressi senza quelli di base…ecc Che non ci sia più il gusto di parlare di democrazia interna e che siamo ormai in una fase in cui prevale la comoda dimenticanza è un dato di fatto. Diciamo la verità. Chi ha più voglia di capire se la verità poi è scomoda e mette in crisi sepolcri imbiancati e profeti meteore destinati a non esser ricordati come eredi di un sindacato che non ci sta più nè con la testa perché ha perso il cuore e non risponde agli interrogativi posti da Graziani. È comodo rifugiarsi nel tempo e aspettare che la dimenticanza come la lontananza ti faccia dimentaicare le cose che contano per privilegìare la conta di cose utili e funzionali al mantenimento del potere…ma poi di quale potere ? Il potere di rappresentare ormai è frantumato in tante sigle che gareggiano nel competere…rassomigliandosi più che per dìstinguersi. Il potere di rappresentanza è logorato da assenza di visione strategica e avvolto in riti e sacre liturgie come quella del primo maggio. Empi e sacrileghi i dissidenti, dannati per l’eternità gli espulsi, si prosegue in questo andamento in cui la cura somministrata a forte dosi produce l’effetto del silenzio e del no comment nel tentativo di alzare il sipario su quelle vicende (vedi Scandola e altre come i commissafuamenti telecomandanti) . Tutto ciò nella vana speranza che la memoria odierna, incline a somigliare alla RAM momentanea di un PC caratteristica del tempo odierno, cancelli eventi e fatti archiviandoli in qualche deposito. Graziani merita di esser letto perché la lucidità e la attenzione a valutare i fatti con LA LOGICA e la pratica della ricostruzione minuziosa degli eventi non è solo un pregevole contributo, ma una rassicurazione che esiste una memoria durevole che non si cancella come un file momentaneo, ma stimola a capire…a patto che se ne abbia voglia. Buon primo maggio.

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  1. Giuseppe Rustioni 1 maggio 2019 at 14:27 · Edit

Grazie

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  1. Anonimo 1 maggio 2019 at 18:47 · Edit

Graziani una delle poche menti lucide e libere che non appartiene a questa sedicente Cisl dove ogni giorno i Talebani distruggono i templi e poi di nascosto si appropriano di pezzi di mosaico credendo di ricostruire disegni inventati a braccio per la collusa ignoranza dei plaudenti.
O Francia o Spagna purchè se magna…è il programma di costoro e dei loro cooptati.
Finchè la dura.Reply

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