La precisazione del sig. Graziani

– al collegio dei probiviri della Cisl

e p.c.

– al segretario generale, sig.ra Furlan

– al segretario degli organi collegiali della Cisl

– alla Fai-Cisl nazionale ed a vari dirigenti locali della stessa organizzazione

 

Gentili signori,

ho ricevuto, in data 17 febbraio, il lodo da voi deliberato nella seduta del 4 febbraio.

Prendo doverosamente atto della decisione a me avversa, pur dissentendone e conservando per intero la convinzione delle mie buone ragioni (mi si consenta solo di pensare che almeno sul piano, per così dire, estetico il mio ricorso puntuale e articolato fa ancora la sua bella figura a fronte delle vostre più generiche considerazioni).

Sono costretto, tuttavia, a scrivervi per ragioni rigidamente giuridiche, ed a mia tutela. Nell’ultima parte delle motivazioni siete infatti incorsi in un totale fraintendimento del mio pensiero; pensiero del quale vengo con questa mia a darvi l’interpretazione autentica.

Estrapolando una frase da un mio scritto polemico destinato ai segretari regionali della Fai, e da me inviato a codesto collegio solo per le ragioni lì indicate (ma assolutamente non in relazione al ricorso da voi respinto; ed è stato quindi scorretto da parte vostra richiamarlo in motivazione su di esso[1]), la si interpreta per far credere che io avrei voluto “adombra(re) possibili disamministrazioni contabili probabilmente conosciute anche da altri associati alla Fai“.

Sia chiaro allora che:

  1. non ho mai avuto notizia di “disamministrazioni contabili”. Almeno non nella Fai;
  2. la frase da voi estrapolata omette il passaggio precedente nel quale si fa riferimento non a disamministrazioni contabili, ma ad una gestione politica del processo di accorpamento con la Filca poco rispettosa della effettiva volontà della Fai (quello che chiamavo “il metodo Cianfoni”, usando l’articolo determinativo “il”). Potremmo dire, una disamministrazione nella formazione della volontà democratica della Fai (con le conseguenze che si sono viste nella notte fra il 27 ed il 28 ottobre) nella quale il gruppo dei segretari regionali (al di là delle posizioni dei singoli) è da considerare politicamente responsabile al pari di Augusto Cianfoni (persona che, tengo a precisare, non considero migliore né peggiore della media di tante persone che girano in via Tevere e/o in via Po);
  3. sulla base di questa mia critica (politica, e non contabile-amministrativa) che è il cuore di quanto rimproveravo e rimprovero al gruppo dei segretari regionali ed alla loro linea “collaborazionista”, si comprende il significato della frase da voi estrapolata. Che, vengo a spiegarvi perché non l’avete capito, è in effetti un’antifrasi. Vale a dire un artificio retorico (particolarmente caro ai toscani, quorum ego) in cui si fa capire una cosa affermando l’esatto opposto. In particolare, l’avverbio “notoriamente” riferito ai “conti in regola della Filca” faceva riferimento al fatto che molti segretari regionali si erano lamentati con me e con altri del fatto che la Fai, che non aveva problemi economici (altro che “disamministrazioni contabili”!) si trovava costretta dalle pressioni della Cisl, in particolare dell’allora segretario generale Raffaele Bonanni, a farsi carico, attraverso la fusione, di quelli che a Roma si chiamano i “buffi” che mi si diceva avere la Filca (non so se per disamministrazioni o, più probabilmente e più semplicemente, per il fatto di dover sostenere una struttura sproporzionata rispetto alle possibilità economiche dell’organizzazione). Un’operazione che, grazie al sostegno di Bonanni ed alla linea di non opposizione alla confederazione di Cianfoni (per ragioni in cui, come è accaduto a lui al pari di non pochi altri, si sono sovrapposte ragioni politiche ed esigenze personali; v. il nuovo testo dell’art. 13, comma 3, reg. Cisl), permetteva alla Filca di imporre le proprie condizioni nella trattativa sulla fusione. Un po’ come se la Grecia dettasse legge alla Germania sull’euro;
  4. estrapolando il passaggio in cui si parla di “un qualche ‘metodo Cianfoni'”, riferito agli aspetti patrimoniali, dopo aver omesso che “il” metodo Cianfoni era una critica alle insufficienze della gestione politica condivisa dal gruppo dei segreteri regionali, voi lasciate credere che io volessi puntare il dito contro la gestione precedente dal punto vista economico. Mentre letta nel suo contesto la frase era una polemica con l’acquiescenza dei segretari regionali verso la gestione commissariale (“Speriamo solo che non si segua…” è frase che fa riferimento al presente ed al futuro, non al passato). In assenza di organi democraticamente eletti, i segretari regionali dovrebbero vigilare, questo era ed è il mio pensiero, perché il commissario (qui inteso come organo e non come persona), rispetti rigorosamente i limiti del suo mandato; fra i quali, come voi ben sapete, ci sono quelli relativi al divieto di disposizione del patrimonio (art, 38, comma 1, reg. Cisl). Perché, anche ammettendo che la Cisl abbia agito, come voi sembrate voler dire, per custodire l’agibilità della Fai e non per imporre una decisione rifiutata dalla volontà democraticamente espressa dall’istanza suprema di rappresentanza dei suoi soci, quis custodiet custodem? Chi vigila a cura degli interessi della Fai (di cui la conservazione del patrimonio è l’esempio indicato dallo stesso regolamento della Cisl) in assenza degli organismi di rappresentanza democratica dei soci?
  5. In questo modo, osservavo – con il linguaggio della polemica e non di un verbale letto, confermato e sottoscritto – che il gruppo dei segretari regionali proseguiva nello stesso atteggiamento sbagliato di non disturbare il manovratore (ieri Cianfoni, oggi quello che c’è) che aveva concorso a portare la Fai sull’altare per nozze che non ha mai avuto veramente la volontà di celebrare. Un punto sul quale la gestione commissariale si pone in pericolosa continuità con quella precedente;
  6. non posso fare a meno di notare che l’operazione di farmi dire quel che non volevo dire finisce per essere oggettivamente consonante con la strategia di comunicazione informale da parte della persona attualmente in carica a via Tevere 20, il quale tende a far credere ciò che a me risulta essere assolutamente falso, cioè di aver scoperto gravi irregolarità amministrative (certo non nella puntualità del pagamento degli stipendi, o nella sostenibilità di una struttura più leggera di quella di altre organizzazioni).

La presente vale quindi come diffida a chiunque dall’affermare che io avrei conosciuto o dovuto conoscere notizie di disamministrazioni contabili nella Fai che, secondo me, sono un’invenzione di chi deve legittimare ex post un comissariamento che continuo a ritenere non sia avvenuto nel rispetto delle regole (e recenti affermazioni dell’attuale segretario generale della Cisl mi confermano nel mio convincimento).

Ove mai qualcuno/a dovesse d’ora in poi attribuirmi quanto voi mi avete attribuito nel lodo del 4 febbraio 2015 a firma Biffi, Alberti, Frisella e Guerinoni, ne risponderà nella sede opportuna. Che, a questo punto, non potrà più essere codesto rispettabile collegio.

 

È stato un piacere

 

Giovanni Graziani

PS Mi resta un dubbio di natura teorica: chi commissaria il commissariatore? Mi spiego con un esempio per assurdo: ove mai fossero state vere le incredibili accuse (alle quali non credo, mai ho creduto e mai crederò) a  OMISSIS  di essersi OMISSIS  per OMISSIS chi sarebbe dovuto intervenire commissariando la Cisl per sanzionare il (ma io non lo credo) “metodoOMISSIS” di disamministrazione contabile? La Cgil? L’Organizzazione internazionale del lavoro? L’Onu con i caschi blu? Papa Francesco?

Per fortuna, si trattava solo di chiacchiere che non hanno meritato risposta alcuna da parte della Cisl.

[1] Faccio altresì presente che è quantomeno bizzarro che, dopo non aver dato risposta alla richiesta avanzata nel ricorso di farmi accedere a tutti gli atti del procedimento (mi è stato detto oralmente di chiederli a controparte), il collegio sia andato a prendere documenti estranei al rapporto fra le parti della controversia per motivare la decisione (quasi sentisse il bisogno di puntellare la risposta negativa con elementi estranei a quelli presentati). Dal punto di vista del rispetto del principio del contraddittorio ci sarebbe qualche riflessione da fare.

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